Lecco - PERSONAGGI: PIETRO VASSENA

copertina Archivi di Lecco


PIETRO VASSENA, LO SPORT DA INVENTARE


articolo di Aronne Anghileri pubblicato sul N. 3 - Luglio-Settembre 1997 della rivista "Archivi di Lecco", edita dalla Casa Editrice G. Stefanoni


Pietro Vassena al lavoro, nel suo cantiere all'aperto. Pietro Vassena al lavoro, nel suo cantiere all'aperto

Ricorre quest'anno il cinquantesimo anniversario del batiscafo C3, inventato da Pietro Vassena. Si è parlato di nuovo di lui, a Malgrate sua terra natale, e qualcuno augura un monumento da dedicargli in Lecco, e un museo del lavoro in Brianza, una sezione di quel museo da anni augurato nel territorio e mai finora realizzato. Noi vogliamo ricordare questo singolare personaggio con la ripubblicazione di un articolo che, parzialmente mutilato per ragioni di spazio, venne pubblicato sulla "Gazzetta dello sport" venerdì 18 marzo 1988 per la penna di Aronne Anghileri. Grazie all'Autore, siamo in grado di ripubblicarlo per intero, cioè senza i tagli, secondo il testo originale che ci è stato gentilmente fornito, insieme ad una scheda delle invenzioni principali di Vassena, contemporaneamente segnalando che altre riviste ed altri giornali (fra i quali la stessa "Gazzetta", sempre per opera di Aronne Anghileri) si sono occupati dell'inventore lecchese.


Era il 1946. L'Italia e Pietro Vassena uscivano faticosamente dalle rovine della guerra. A Milano continuava ad esistere, residuato della Repubblica Sociale Italiana, detta "Repubblichina", la Sezione Costruzioni Navali del Ministero dell'Industria. Fu lì che nell'autunno si presentò Pietro Vassena, in cerca di aiuti concreti, soprattutto di finanziamenti, per realizzare il suo "C3". un sogno che si portava dentro da molto tempo. alla cui idea s'era applicato l'anno prima. quando l'avevano messo "in collegio", come diceva lui, dopo la Liberazione. Lo accolse l'ing. Guglielmo Premuda, grande esperto di sommergibili, il quale fu un po' conquistato ed un po' incuriosito da quell'uomo che sprizzava simpatia ed umanità. così ottimista dopo aver subìto traversie varie, così sicuro di sè, tanto poeta. Vassena aveva quasi 50 anni, una moglie bionda e sorridente, che quanto a cordialità gareggiava con lui, tre figli maschi di 18, 16 e 13 anni: Gianfranco, Mario ed Angelo detto Angiolètto, con la "e" bene aperta. Alle spalle una vita movimentata, fatta di tante invenzioni grandi e piccole, per lo più serie ma a volte anche umoristiche, un ammucchiarsi di episodi e di aneddoti grazie ai quali a Lecco era divenuto un personaggio notissimo, a volte preso un po' sottogamba da concittadini particolarmente critici, ma in definitiva benvoluto da tutti Ricordare tutte le sue creazioni è praticamente impossibile. Pietro era dotato di una inventiva straordinaria, aveva innate qualità per risolvere qualsiasi problema. era un geniaccio che sapeva modificare, migliorandole, macchine già esistenti. Durante la guerra aveva prodotto chissà quanti apparati a gassogeno (quelli alimentati a carbonella, che si mettevano in azione dopo aver fischiato a lungo), applicati alle auto ed ai camion. A Lecco montava i suoi mastodontici apparecchi in un'officina situata appena al di là dell'Adda, in comune di Malgrate, poi l'incremento del lavoro l'aveva costretto ad aprire una succursale (con 120 operai, incredibile) presso il garage della Società Autoservizi Lecchesi, le cui corriere, che univano la città alla Valsassina, a furia di requisizioni si erano ridotte a due sole. Ormai la ditta Vassena montava gassogeni in tutta l'Italia del nord, perfino dalla Germania gli mandava del lavoro l'Organizzazione Todt, ed in officina capitava di veder girare più divise tedesche di quanto fosse auspicabile. Questo ebbe effetti negativi per Pietro, che si fece una fama di collaborazionista. Un altro si sarebbe arricchito, non lui che aveva la prerogativa di essere perennemente senza una lira, perchè alla dote positiva di rendere commercializzabile qualunque ferro sul quale mettesse le mani, univa quella negativa di non saperlo commerciare. Tuttavia non è per i gassogeni che lo si ricordò in seguito. Fu soprattutto per i motori silenziosi che aveva ricavato con azzeccatissime ma essenziali modifiche dai tedeschi Puch (e che cedette poi alla Moto Rumi), o per i motorini fuoribordo ai quali aveva applicato una frizione ottenendo di farli girare "in folle" (e che finirono poi alla ditta Carniti di Oggiono). La sua notorietà a Lecco, più che altro sul piano del divertimento, gli era venuta dall'idea di realizzare un apparecchio che sviluppasse il seno delle donne (sua moglie Ottorina detta Rina, usata come cavia, vi rimase attaccata e soltanto all'Ospedale ne fu liberata) e da quella degli sci per passeggiare sull'acqua (una specie di lunghi scatoloni sui quali un paio di volonterosi avevano fatto un giro d'Europa nel 1932 e sui quali lui si esibiva sul lago davanti a Lecco, in giacca e cravatta, pur non sapendo nuotare). Durante la guerra aveva costruito anche dei macinini per ricavare dal mais farina per polenta: in tempi di tesseramento, digiuni e borsa nera, ognuno si arrangiava come poteva. Era questo insomma l'uomo che nel 1945 riuscì ad interessare il progettista di sommergibili ingegner Premuda, il quale lo seguì nell'officina di via Cavour a Lecco, dove l'artigiano Vassena, con una ventina di operai, costruiva motorini fuoribordo. Era finita l'epoca dei motori alimentati a carbonella, la società delle corriere, potenziate le sue linee, si era ripreso il garage, e Vassena aveva piazzato la sua officina all'interno di un lungo cortile che dava sulla via principale della città, alle spalle della sede di allora del Credito Italiano. Pietro mostrò a Premuda un modellino del "C3": era sistemato in una vasca, e lui vi immetteva acqua (per farlo immergere) o aria (per farlo risalire), usando una pompa da bicicletta ovviamente trasformata ed adattata da lui. L'entusiasmo di quell'uomo, la sua cieca fiducia in quanto stava facendo, le sue evidenti capacità intuitive e meccaniche, fecero presa su Premuda che gli diede tutto l'appoggio possibile, cioè un'assistenza tecnica che naturalmente fu molto preziosa. Non potè dargli dei soldi, ma gli mandò a Lecco, perchè si occupasse dei fuoribordo, suo figlio Tullio. Pietro Vassena, in mezzo alle sue multiformi attività, aveva anche un passato di studi sui sommergibili. Lui stesso (al quale possiamo perdonare qualche piccola fantasia od esagerazione, perchè l'uomo lo meritava) ha raccontato che il "C3" rappresentava la sua terza realizzazione in quel campo, ma quella sigla nasceva dal fatto che in quei mesi di "collegio" durante i quali aveva studiato il piccolo battello, era alloggiato nella cella n° 3. In realtà la sua partecipazione a vicende di sommergibili era stata leggermente più limitata: dapprima a La Spezia aveva collaborato con la Marina a ricerche sui mezzi d'assalto, poi aveva realizzato un prototipo che era stato sperimentato durante il periodo della Repubblichina mussoliniana, e forse era stato per questo che a guerra finita lo avevano messo "in collegio". A Lecco c'è ancora chi si ricorda di certi esperimenti dell'inverno 1944-45 nella darsena della Canottieri. Poteva capitare che un socio entrasse nella sede, e si trovasse la strada sbarrata da un milite in camicia nera e mitra imbracciato: "Alt, non si passa". Ad un tentativo di visitare la sede sociale verso la terrazza a lago, un altro milite: "Non si passa". Poi ecco sbucar fuori, tutto ridente, contento di sè, il Pietro Vassena, che spiegava di aver realizzato il piccolo sommergibile che in quel momento si stava provando dentro la darsena, un'imbarcazione destinata a portare mine magnetiche da attaccare sotto la chiglia delle navi nemiche. "Venga -diceva Vassena, - venga che le mostro i disegni". Alla faccia di tutti i militi e di tutti i mitra, naturalmente. E' questo sommergibile che è stato descritto dal decano dei giornalisti italiani, il novantottenne Arnaldo Ruggiero (che ha commesso l'imprudenza di raccogliere questo scritto anche in un volume), come "mezzo d'assalto con siluro", capace di navigare a 90 km. orari in superficie ed a 60 orari in immersione. Cose da fantascienza, chiaramente. L'esperimento di quel sommergibile (che era stato costruito nello stabilimento Badoni di Lecco) tuttavia non ebbe seguito, forse anche perchè la guerra si concluse prima di portare le prove a compimento. Questo sogno a lungo coltivato, Vassena l'aveva portato avanti attraverso studi e disegni nei circa tre mesi che aveva passato rinchiuso nelle scuole di via Ghislanzoni, trasformate in prigione nel 1945, immediatamente dopo la Liberazione. Gli era andata bene: un anno prima, qualcuno gli aveva fatto arrivare a casa una lista di nomi di persone da eliminare, ed il primo nome era il suo... Possiamo immaginare l'angoscia della moglie, che sapeva di avere in casa un uomo profondamente buono, forse ingenuo, certamente incapace di farsi dei nemici, ma non abbastanza furbo per defilarsi in momenti così movimentati e pericolosi. Tornato in libertà, si occupava contemporaneamente dei motori fuoribordo e del suo sogno, il sommergibile che ora, a guerra finita, non doveva servire più a scopi bellici, ma a recuperi e ad esplorazioni sottomarine. Questa volta lo scafo fu costruito da un'altra industria lecchese, la Forni e Impianti Industriali, con Vassena ed i suoi che affrontavano e risolvevano problemi quotidianamente. Indicativa, ad esempio, l'invenzione del "bareno" (una grande alesatrice rotante, con la quale rifinì il foro in cui si inseriva la pinza di prua del "C.3"), realizzata da Vassena senza sapere che altri l'avevano fatto prima di lui per usarla abitualmente nei cantieri navali. Lavorare al suo fianco doveva essere eccitante, ma a volte anche scoraggiante. Nino Turati, che poi scese con lui nelle profondità del Lario, sosteneva che era difficile trovare un'altra persona che gli assomigliasse: non ascoltava mai fino in fondo i discorsi altrui, non ammetteva di poter avere idee non esatte, poteva piantare in asso chiunque se gli veniva in mente una cosa che in quel momento aveva per lui maggiore interesse. Accadeva che si dimenticasse di appuntamenti importanti, se veniva distratto da piccole osservazioni, soprattutto di carattere meccanico, che attirassero la sua attenzione. Lui faceva sempre seguire l'azione al pensiero, era sempre in moto, non riusciva a stare a tavola nemmeno il tempo necessario per mangiare, durante il pasto giocherellava con le posate o con la mollica, poi si alzava di scatto, andava al bar accanto alla sua officina, e sorbiva il caffè girando da un avventore all'altro con la tazzina in mano, ad ognuno raccontando qualcosa. La sua officina, che è stata descritta come una specie di antro di Vulcano, ospitava il montaggio di motori, le prove di fuoribordo immersi in tinozze piene d'acqua, banchi sui quali giravano motori di motocicli, carrozzerie di macchine da perfezionare e vecchie auto sezionate. E lui in mezzo, con il dono dell'ubiquità, saltellante in ogni angolo, con gli occhi aperti su tutto quanto. In un angolo c'era anche l'alloggio di Tullio Premuda, che spesso divideva la camera con Mario Vassena, il figlio secondogenito. Lui, generalmente gioviale ed allegro, incapace di dire no ad alcuno, era sempre alle prese con problemi di denaro. I suoi fuoribordo, marca Elios, venivano immessi in commercio attraverso le organizzazioni di Silvani e Casorati, e poteva accadere che quest'ultimo arrivasse all'officina con una valigia piena di banconote, ed allora Pietro, come affascinato, le stendeva tutte sulla scrivania, e diceva a sua moglie o alla nipote, anche lei di nome Rina, preziosa collaboratrice, che si andassero a comprare quanto desideravano. Era la stessa signora Vassena a mettere un freno a queste grandezze, mettendo al sicuro il denaro che era destinato ad altro. Povera signora Rina: le capitò di confessare che suo marito dormiva con un taccuino penzolante sopra il letto, assicurato ad uno spago, e che quando a volte si svegliava in piena notte, lei invano sperava che fosse per dimostrarle il suo affetto: era soltanto per prendere nota di un'idea che gli era venuta nel dormiveglia. E' in questa atmosfera cvhe nacque il "C3". Nell'autunno del 1947 si cominciò a leggerne sui giornali, e se ne accorse anche Nino Turati, ex sommergibilista di 30 anni che abitava a Calolziocorte, a pochi chilometri da Lecco. Se Vassena voleva scendere con quel sommergibile, la compagnia di un esperto poteva essergli utile: Turati offrì la sua, con una lettera. Che tempi! in soli quattro giorni aveva in mano la lettera di risposta. Vassena accettava. Nacque così una proficua collaborazione che durò fino al successo delle immersioni più profonde del "C3". Turati sollevò - per iscritto - Vassena da ogni responsabilità, e divenne il secondo membro dell'equipaggio. Cominciarono col chiudersi nello scafo per alcune ore, giocando a carte e leggendo, per controllare la possibilità di respirare a lungo.

Lecco, 1° maggio 1952, il Prof. A. Piccard a colloquio col vice-sindaco, Prof. Luigi Colombo e Pietro Vassena. Lecco, 1° maggio 1952, il Prof. A. Piccard a colloquio col vice-sindaco, Prof. Luigi Colombo e Pietro Vassena.
Il batiscafo C3 Vassena, realizzato al fine di allacciamento delle sfere per il sollevamento dei Transatlantici. Il batiscafo C3 Vassena, realizzato al fine di allacciamento delle sfere per il sollevamento dei Transatlantici.


Era ormai l'ora del varo. La curiosità era vivissima non soltanto in Italia, ma anche all'estero. Lo scienziato Augusto Piccard, l'uomo della stratosfera e delle profondità marine, scrisse dalla Svizzera proponendo a Vassena un incontro. Il 19 febbraio 1948 il "C3", caricato su un rimorchio naturalmente costruito da Vassena, esce dal cortile di via Cavour e viene avviato verso il lago: "trainato da un camion", - riferisce Turati; "agganciato dietro al tram che passa lì davanti", - sostiene invece un giornale, forse con un po' di fantasia. Lo squalo argenteo viene messo in acqua, cominciano i collaudi davanti alla sede della Canottieri, la città è tutta in fermento, le rive sono spesso affollate di curiosi, di tifosi, di scettici. Con opportuna scelta teatrale, Vassena effettua quattro immersioni domenica 6 marzo, quando le sponde del lago nereggiano di gente. Scendono con lui Turati, il figlio Angioletto che è chiaramente il suo cocco (forse perchè gli assomiglia di più, e sarà in seguito pilota di moto- nautica, oggi è presidente della federazione), il giornalista Gian Piero Gerosa ("mai avuta tanta paura in vita mia, secondo me lui sapeva come scendere, ma per risalire improvvisava ogni volta"), una signorina non meglio identificata (in realtà la barista del Caffè Teatro, che aveva impulsivamente dichiarato di non aver paura). Il "C3" ha toccato 55 metri di profondità. Vassena ormai si sente sicuro. Due giorni dopo è già ad Argegno, sul ramo comasco del Lario, dove il fondo è "meno 400", e spedisce il sommergibile (vuoto) fino a 235 metri. Il 10 marzo l'esperimento decisivo: il "C3" viene mandato giù finché non tocca il fondo. E' imbragato con cavi agganciati ad una potente gru installata su un "comballo", caratteristico barcone del Lario. Un filo telefonico tiene i contatti con la superficie: laggiù, accanto al microfono, una sveglia da cucina sistemata in una pentola fa risuonare il suo "tic-tac", è la spia che denuncia se tutto va bene. Il "C3" scende fino a 405 metri; quando risale, Vassena e Turati si precipitano ad aprire il portello, entrano: "L'è succ!", è asciutto, proclama in dialetto il suo creatore. Ha vinto. Il 12 marzo, sabato, la discesa nell'abisso è autentica, con gli uomini dentro. I particolari emergono dal "giornale di bordo", per Vassena è il trionfo, il record mondiale di 412 metri raggiunto con un apparecchio semovente (cioè non con una batisfera), ad una profondità quasi quadrupla di quella cui arrivavano i sottomarini bellici dell'epoca. Le sue foto sono trasmesse in tutto il mondo, la sua popolarità ingigantisce. Tre giorni dopo arriva, via lago, a Lecco, per il trionfo. Sul motoscafo Virginia, che gli va incontro, non vengono caricati per errore il Procuratore della Repubblica e le autorità militari. Lo portano a spalle per le vie cittadine fino al municipio, il cui portone è stranamente sbarrato. Pochi giorni dopo, a Sierre, da Piccard, poi sarà lo scienziato a venire a Lecco, e Vassena gli farà l'omaggio di un paio di scarpe commissionate all'abile artigiano Schellino. Il 3 aprile racconta il suo successo, un po' in lingua, un po' scivolando nel dialetto, al Centro di Cultura di Lecco, poi espone il "C3" al Palazzo Reale, a Milano. In luglio lo porta per immersioni nel Golfo del Tigullio, infine a Napoli, per cercare nei pressi di Capri fondali più profondi di quelli del lago. Non ha più un soldo, soltanto debiti. Premuda da Lecco gli telefona che non sa come pagare gli operai, lui mette su un baraccone e mostra il "C3" a pagamento, 100 lire. Stampa anche delle tessere, valide per una discesa nel sommergibile. Purtroppo la fortuna non è più con lui. Alle 8,45 dell'otto ottobre, mentre viene rimorchiato a torretta aperta, il "C3" imbarca acqua e affonda. Vassena vorrebbe buttarsi in mare, e non sa nuotare, ma viene trattenuto. Gli va bene, per questa volta: quattro giorni più tardi i mezzi della Marina riescono ad imbragare lo scafo, che viene riportato alla superficie. Sarà soltanto un rinvio: il secondo, definitivo affondamento avviene il 20 novembre, a causa di un errore di manovra, un cavo surriscaldato, il cedimento della gru di sostegno. Il "C3" giace da allora alla profondità di 600 metri, non lontano da Capri. Otto anni dopo l'avventura del "C3", Vassena, che si trova in "estenuate condizioni finanziarie", subirà un pignoramento per un risarcimento che la Marina pretende da lui, e invano pone le sue speranze nel "Grillo", un veicolo che dovrebbe volare, correre sulla terra e sull'acqua, ma che non sarà mai realizzato. Se la cava grazie ad un distributore di benzina che, per i suoi meriti degli anni di fulgore, l'Agip gli ha dato in concessione a Malgrate, il paese nel quale era nato il 21 aprile 1897, e dove è scomparso il 21 maggio 1967.

Il "Grillo Volante" predisposto per la circolazione su strada munito di retromarcia e di possibilità di volo e navigazione. il Grillo Volante, predisposto per la circolazione su strada munito di retromarcia e di possibilità di volo e navigazione.
LA VITA OPEROSA DI PIETRO VASSENA

  • 1897. A Malgrate, il 21 aprile, nasce Pietro Vassena.
  • 1915. Pietro Vassena è reclutato nei bersaglieri durante la prima guerra mondiale.
  • 1919. Realizza all'interno della Ditta Faini di Lecco un ciclomotore di 90 cc., fra i primi motori a due tempi. Costruisce una macchina per la costruzione in automatico di raggi per ruote di ciclomotori.
  • 1923. Costruisce i suoi primi motori fuoribordo a due e a quattro cilindri coi quali vince un concorso per la fornitura al Genio Pontieri e un altro in Polonia.
  • 1925. Inizia l'attività imprenditoriale in proprio e continua la costruzione di motori, effettuando forniture militari in Italia e all'estero.
  • 1926. Progetta e realizza le motoleggere Vassena 125 cc. Vince l'"Economy run" al Parco di Milano percorrendo con un litro di miscela 90 km. Nello stesso anno sposa Ottorina Merli ("mamma Rina"), e due anni dopo, nel 1928, nasce Gianfranco.
  • 1932. Inventa gli sci acquei, coi quali cammina sull'acqua, e un apparecchio per la macina del grano. L'anno successivo, per gli sci, deposita regolare brevetto (Skivass).
  • 1939. Inventa l'Autargas Vassena, un apparecchio applicabile a qualsiasi tipo di motore a scoppio in luogo del tubo di scappamento: chiudendo il rubinetto della benzina, si apre l'apparecchio gasificatore e questo fa funzionare il motore. Una prova eseguita con un'auto Isotta Fraschini con motore da 85 HP ha richiesto sul percorso Lecco-Roma un consumo di 300 litri di benzina, con la spesa di L.150 (anzichè di L.1000). E' proposto per il premio all'autarchia motoristica di L.25.000.
  • 1940. Durante la seconda guerra mondiale studia e realizza soluzioni alternative alla benzina per la propulsione: in particolare utilizza dapprima scisti bituminosi, quindi brevetta un sistema di miscelazione gas attraverso i gassogeni, con funzionamento a legna e a carbonella. Quanto più è razionata e si fa rara la benzina, tanto più viene diffusa la consuetudine, su automobili, autocarri, autocorriere, del motore a carbonella, che vien studiato anche per i locomotori delle ferrovie.
  • 1942. Su commessa della Marina militare italiana realizza un mezzo d'assalto denominato "Delfino", un torpedo snorkel per navigazione ad alta velocità atto a raggiungere il bersaglio in immersione. Il prototipo, collaudato nel lago, verrà alla fine della guerra sequestrato dalla U.S. Navy e portato negli Stati Uniti d'America.
  • 1944-45. Inizia lo studio del progetto di una batisfera per ricerche oceanografiche e lavori sottomarini, nonchè per il recupero delle navi affondate durante la guerra.
  • 1946. Studia e realizza il primo motore bicilindrico a due tempi . Il motore cilindroverticale viene applicato nell'industria automobilistica con la Caproni di Trento per la carrozzeria e la CA.BI. Cattaneo per il cambio a trasmissione; collabora anche alla realizzazione della "Volpe", la vettura a due posti più piccola sul mercato. Nello stesso periodo realizza i motori fuoribordo Elios da 33 cc. da 1/2 HP del peso di kg.6, il più piccolo fuoribordo. Seguono poi altri modelli di cilindrata maggiore. Distributore esclusivo è Ettore Ceruti di Milano.
  • 1946-48. Procede la realizzazione del sommergibile "C3" Vassena. La parte strutturale viene costruita dalla S.A.E. di Lecco, mentre nel laboratorio di via Cavour si affronta la parte accessoristica. Col nome di siluro sottomarino l'invenzione viene presentata dal settimanale lecchese "Il Resegone" alla fine di novembre del 1947. Lungo sette metri e mezzo, del diametro di un metro e mezzo, a forma di siluro con torretta che lo sormonta, contiene due uomini, pesa 180 quintali. La propulsione avviene con due motori marini indipendenti, uno a benzina, l'altro elettrico, per scendere fino a 600 metri di profondità, con autonomia di 35 ore; e' già stato sperimentato nella zona fra Laglio e Brienno, ove ha raggiunto 410 metri. Il 7 marzo 1948 tocca il fondo ad Argegno (m.415), utilizzando m.425 di cavo. In gennaio 1948 la stampa dà notizia che l'inventore, con un amico di Calolzio, s'è fatto chiudere nel suo sommergibile di cui si è occupata perfino la stampa messicana. Il prof. Augusto Picard lo invita a Sierre, in Svizzera. Ne segue un rinvio, il professore annuncia che verrà a Lecco senz'altro l'11 aprile 1948.
    Il 3 aprile Vassena parla della sua invenzione nel corso del "Giornale parlato" al Centro di Cultura, dopo Ugo Bartesaghi, Luigi Colombo e Arnaldo Ruggiero: ha rivissuto le fasi delle sue immersioni, "sbrogliandosi spesso con saporite frasi dialettali e battute umoristiche". La visita dello scienziato è stata rinviata a seguito di una sua indisposizione. Vassena lo visita a Sierre nel corso dello stesso aprile, Picard ricambierà il 1° maggio 1952, venendo a Lecco ricevuto dal vice-sindaco prof. Luigi Colombo, il sindaco Bartesaghi essendo assente.
    Il 16 novembre 1948, alle ore 7,20, il "C3", che il 13 marzo precedente aveva raggiunto il record mondiale di profondità toccando i 412 metri nel Lario, e che aveva effettuato 280 immersioni, si inabissa per un errore di manovra da parte dell'equipaggio del "Tenace" della Marina Militare italiana. Vassena convoca davanti al Tribunale civile di Roma il Ministero della Marina, essendo risultate vane e senza seguito le pur autorevoli promesse di rimborso fattegli dal presidente della Repubblica Luigi Einaudi e dal presidente del consiglio Alcide De Gasperi. La sua richiesta si limita a 17 milioni, quanto gli era materialmente costato il batiscafo, ma il Tribunale di Roma riconosce la propria incompetenza e condanna Pietro Vassena al rimborso delle spese e al pagamento dei diritti per L. 150.000. Nel novembre 1956 l'ufficiale giudiziario gli pignorerà macchinari in officina e mobili nell'abitazione. L'inventore si rivolgerà a quel punto al presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, appoggiato con fervore del sindaco di Lecco che in quel momento è il prof. Luigi Colombo.
  • 1949. Pietro Vassena firma il contratto con la Moto Rumi per lo studio e la realizzazione del motore 125 cc. bicilindrico orizzontale.
  • 1950. Vassena realizza il primo orologio trasparente, precursore dello Swatch. Cura la realizzazione degli stampi per l'ingranaggio, e dall'officina escono le sveglie in polistirolo trasparente. Nello stesso tempo realizza un cambio per biciclette che agisce con una "camma" che contropedalando allarga il diametro della corona anteriore.
  • 1951. Vassena cede il marchio Elios e la licenza di costruzione dei motori fuoribordo alla Carniti di Oggiono. Parallelamente studia e realizza diversi prototipi di motoleggere, la più rappresentativa delle quali è la Bersagliera a 3 cilindri orizzontali, 2 tempi con trasmissione su ruota lenticolare. La carrozzeria è di Ghia di Torino.
  • 1954. Realizza la motoleggera K2 con telaio monoblocco fuso in alluminio, cc.175, monocilindrica, con trasmissione cardanica. Contemporaneamente realizza un dispositivo per scarica a raffica, 20 colpi, della pistola Beretta calibro 9 mm.
    Per conto della Liquigas realizza un sistema, tramite bilancia, che avvisa la massaia quando la bombola del gas è in riserva. Realizza anche un apparecchio per la lubrificazione, in automatico, delle canne di cannone. Costruisce un impianto per lo stampaggio ad iniezione di vasi in terracotta. Studia una soluzione per taglio di metalli con filo di acciaio elicoidale, in sostituzione dei seghetti. Realizza quindi un brevetto, ceduto alla MV Agusta, di candela per motore a scoppio con monoelettrodo centrale regolabile.
  • 1955. Nell'ottobre ottiene il suo 22° brevetto, che porta il n° 1316. Riguarda il velodromo meccanico, che consta di due mezze biciclette azionando i cui pedali due concorrenti possono gareggiare o sui 1000 metri o nell'inseguimento. Due lancette su un quadrante indicano la posizione dei corridori fin che alla corrispondenza dei 1000 metri il meccanismo si blocca, i pedali girano in folle e le lancette segnano il distacco.
    Contemporaneamente realizza con l'applicazione di un motore fiat 500 il primo motore fuoribordo a 4 tempi con motore d'auto. Gambale e piede di propulsione sono realizzati in alluminio e collaudati in diversi raid tra Pavia e Venezia.
  • 1956. In collaborazione con un'azienda bergamasca sperimenta razzi antigrandine che vengono lanciati dalla Cape Canaveral situata a Pradello, in comune di Lecco. I razzi hanno una gittata abbastanza elevata, per un errore materiale uno di essi cade in territorio svizzero, ne nasce un  incidente diplomatico.
  • 1957. Mentre collauda la nuova apparecchiatura per la polverizzazione della creta e di altri refrattari, appena oltre il ponte Visconti, svita il coperchio ma la pressione, non essendo scesa a zero, glielo proietta sul volto con violenza. Ne riporta la frattura del naso, trauma cranico e ferite al labbro superiore.
  • 1958. Con un motore americano Interceptor da 240 HP realizza il Grillo Volante, un veicolo che viaggia su strada o vola come un elicottero. Vengono effettuate prove anche in acqua.
  • 1960. Collabora alla realizzazione di prototipi di go-kart per la Società Ital-Kart di Milano e per uno snow-kart con motore Iso.
  • 1963. Studia e inizia la realizzazione di esperimenti sul motore ad idrogeno, col principio del motore rotativo.
  • 1967. Il 21 maggio si spegne a Lecco.

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Un articolo del 1948 su Pietro Vassena di un settimanale di Bruxelles, "Le Patriote Illustré"


  Une visite à Pietro Vassena - l'inventeur du sous-marin de poche

Il y a quelques semaines, un ingénieur italien faisait parler de lui. A bord d'un sous-marin de poche de son invention, - le C 3 -, il effectua plusieurs plongées dans le lac de Come et atteignit, à la dernière immersion, la profondeur respectable de 412 mètres. Il n'en fallut pas plus pour attirer l'attention du monde scientifique sur Pietro Vassena; certains journaux allèrent mème jusqu'à tracer un parallèle entre le génie inventif de l'Italien et ce1ui du professeur Piccard, dont le Bathyscaphe doit aller explorer, en septembre de cette année, les profondeurs abyssales au Large du Golfe de Guinée. Cependant, Pietro Vassena se défend d'etre un savant; du moins dans le domaine scientifique. Il a, on doit le savoir, à peine terminé ses études primaires. Cela ne l'empèche pas d'ètre un réalisateur né, car les idées qu'il conçoit sont plus qu'ébauchées, puisqu'il les matérialise avec les éléments dont il dispose.
Pietro Vassena est agé de cinquante ans. Il est né à Lecco, une ville de la Lombardie, située à la pointe sud-est du lac de Come. Très jeune, Vassena s'est révélé homme d''action; à 18 ans, il était nommé sous-directeur d'une usine de ver à soie de Lecco; c'était un établissement important occupant 2.000 ouvriers. Sa première réalisation scientifique date de 1915: il construisit, à titre d'expérience, sans l'aide de dessins ni de calculs, un petit moteur pour bicyclette. Petit à petit, la renommée de l'inventeur s'accrut dans la péninsule et, en 1940, l'Institut Polytechnique de Milan lui décerna le titre d'ingénieur "ad honorem". Pendant la dernière guerre, Pietro Vassena avait pour tàche, parmi ses autres activités, de placer le gazogène sur les automobiles allemandes. En récompense, les Allemands lui accordèrent le droit d'u tiliser une automobile à essence. Avec son franc parler et ses gestes un peu rudes, Pietro Vassena n'en est pas moins un homme d'affaire qui ne s'impose vraiment que dans ses ateliers. Des magnats, des entreprises industrielles, des trusts étrangers lui ont fait des offres importantes pour s'octroyer le brevet de sa dernière invention, dont la renommée dépasse largement les frontières de la péninsule. Mais, pour l'instant, il semble que l'exploitation de l'idée reste en mains italiennes.
Toute invention a son histoire, et celle du "C3" eut un début original. Les plans du sous-marin de poche furent ébauchés dans une prison où Vassena dut passer trois mois de sa vie, en 1945, dans une cellule portant le numéro 3. Cet engin représente donc le rève matérialisé d'un prisonnier. Mais avant qu'il n'allat en prison, Pietro Vassena voyait poindre la célébrité du fait que, en 1945, lors de l'arrivée des armées anglaises à Lecco, il se trouvait sous l'eau, dans un autre sous-marin de son invention. Etant revenu à la surface, il fut arrèté et l'on confisqua son sous-marin. On l'accusa d'avoir fabriqué des armes secrètes - on parla mème de V 5 - et, pour tous ces racontars, Vassena se vit infliger trois mois de privation de liberté.
Le sous-marin de poche, dont les caractéristiques sont reprises en légende, intéressa le professeur Piccard au cours d'une visite qu'il fit à son inventeur. Il est probable que la rencontre des deux hommes fut assez savoureuse: d'une part, un savant, rompu aux difficultés de la terminologie des mots scientifiques et techniques; de l'autre, un homme sans grande culture, habitué à construire des engins compliqués à l'aide de sa propre vision des choses, fermant tantòt un oeil, tantòt l'autre, mesurant les distances à l'aide de son pouce et déclarant que: "cela m'a l'air de bien marcher comme cela", d'instinct.

PIETRO VASSENA montrant le radeau qu'il s'est construit pour ses expériences sur l'eau. Cet homme, qui a connu une vie mouvementée, vient de vendre à une importante société milaneise, le brevet n° 5111, sous lequel est immatriculée l'invention du sous-marin de poche de Vassena, engin appelé aussi « C3 ». Cet homme, qui a connu une vie mouvementée, vient de vendre à une importante société milaneise, le brevet n° 5111, sous lequel est immatriculée l'invention du sous-marin de poche de Vassena, engin appelé aussi « C3 ». PIETRO VASSENA montrant le radeau qu'il s'est construit pour ses expériences sur l'eau. LE SOUS-MARIN DE VASSENA est, comme son inventeur, modeste mais ingénieux. Il mesure 7 m. 50 et son diamètre est de l m. 50. A pleine charge, il peut déplacer sept tonnes. Cet engin qui rassemble à un gros cylindre d'oxygène, a trois phares à l'avant et deux à l'arrière; ces phares sont mobiles et peuvent sonder les profondeurs marines dans un rayon de 35 mètres. Le sous-marin est muni de deux moteurs: un à essence pour la marche en surface; l'autre, électrique, pour l'immersion. La tourelle de l'engin est garnie de quatre hublots à travers lesquels les deux hommes de l'équipage peuvent examiner la vie sous-marine. L'invention de Vassena pourra servir non seulement aux opérations de sauvetage, mais aussi, étant donné sa rapidité de marche sous l'eau - 30 KmH -, aux constatations scientifiques; ceci grace aux capacités de longue immersion et a l'aisance de manoeuvre de l'engin. LE SOUS-MARIN DE VASSENA PENDANT DES MOIS, le travail de mise au point de l'engin a été fiévreusemnt poursuivi. Sur la photo ci-dessous, on assiste à l'ultime verification, avant que d'enduire le « C3 » d'une couche de vérnis. Un as italien de la derniere guerre, le commandant Enzo Grossi, un familier de la guerre sous-marine, a proposé à l'inventeur de l'accompagner dans une plongée pouvant atteindre 1.500 metres. Pietro Vassena a réservé sa réponse. PENDANT DES MOIS L'lNTERIEUR DE L'ENGIN DE VASSENA, illuminé par des lampes de mineur, parait etre le ventre d'une immense chenille. Des cercles de fer, peint en rouge, en marquent les articulatlions. Le moteur se trouve au fond et, le long des parois, serpentent les tuyaux d'évacuation des gaz. L'inventeur vérifie, une dernière fois, ici, le moteur de son engin. L'lNTERIEUR DE L'ENGIN DE VASSENA VASSENA, dans la tourelle de son sous-marin. VASSENA, dans la tourelle de son sous-marin. VASSENA montrant la grosse tenaille de son invention, adaptée au sous-marin de poche. Cette tenaille, reliée par des cables à des embarcations croisant à la surface, pourrait tirer des épaves de guerre du fond. La tenaille se termine en dessous par deux bras qui se manoeuvrent aisément de l'entérieur de la coque. Cela permettrait de trainer sur le fond marin, aprés les avoir solidement attachés, les objets s'y trouvant. L'inventeur espère démontrer cette posibilité sur le lac de Garde, au fond duquel gisent de nombreuses épaves. VASSENA montrant la grosse tenaille de son invention QUATRE TETES apparaissent sous l'orifice de la tourelle: celles de l'inventeur et de trois de ses aides. Cette photo fut réalisée dans les ateliers de VASSENA. QUATRE TETES L'INVENTEUR ITALlEN en conversation avec le professeur Piccard, peu après que le sous-marin de poche fut descendu à une profondeur de 412 metres, dans le lac de Come. L'INVENTEUR ITALlEN

Articolo di Franco Ghilardi pubblicato su "Lecco Economia" della Banca Popolare di Lecco nel Giugno 1997


PIETRO VASSENA GENIALE INVENTORE LECCHESE

Per iniziativa dei suoi figli, a Malgrate, il 19 aprile scorso, nella Chiesa di San Leonardo, al cimitero ove è sepolto e nella sala consiliare del Comune, a Palazzo Agudio, Pietro Vassena è stato ricordato in vista del centenario della sua nascita, avvenuta appunto in Malgrate il 21 aprile 1897. Aronne Anghileri, che gli aveva dedicato un articolo sul principale giornale sportivo nazionale il 18 marzo 1988, e che è ritornato sull'argomento nei giorni successivi, ha improvvisato un commosso ricordo dell'inventore lecchese, che egli aveva conosciuto quando, ancora ragazzo, era stato compagno di giochi, "al Porto", dei figli di Vassena, loro coetaneo, pieno di ammirazione per quest'uomo semplice che sapeva trarre idee da qualunque spunto (" alla dote positiva di poter rendere commerciabile qualunque ferro sul quale mettesse le mani, corrispondeva l'assoluta incapacità di ricavarne degli utili in prima persona", ha scritto l'illustre giornalista citato su "La Gazzetta dello sport"), e che sapeva trasmettere a tutti, collaboratori ed amici, una fede assoluta nel progresso e una fiducia non meno assoluta nell'invenzione di cui in quel momento si stava occupando. È così che Vassena si è conquistata la fama in patria per gli sci d'acqua, coi quali galleggiava sul lago, per un apparecchio col quale pretendeva di sviluppare il seno delle signore meccanicamente, per i motori a gassogeno coi quali aveva consentito la circolazione a mezzi di trasporto di tutti i generi in tempo di guerra, quando la benzina era scarsa o addirittura introvabile (e fu l'unico momento - ma lo avrebbe pagato ben caro - in cui sfiorò la ricchezza), e infine, valicando solo allora la sua fama i confini e le mura della piccola patria lecchese, con l'invenzione di un batiscafo col quale raggiunse i 412 metri di profondità, invano contraddetto da tutti gli scienziati del tempo. Purtroppo quest'ultima sua invenzione, che egli aveva chiamato C3 in memoria del carcere nel quale, a guerra finita, era stato rinchiuso sotto l'accusa di collaborazionismo col tedesco invasore (mentre egli credeva soltanto al progresso con una fiducia tratta forse da qualche lettura tardo-positivista del suo tempo), pur recando la sua fama nel mondo, gli costò molo cara, poiché il batiscafo affondò ben due volte e l'ultima inesorabilmente; si disse perfino che il duplice affondamento fosse dovuto alla gelosia della marina americana o comunque ad un sabotaggio interessato, da parte di una potenza straniera. Così dopo qualche tempo, avendo ricorso invano contro la Marina Militare alla cui distrazione s'era dovuto il naufragio, dovette rivolgersi al Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi (Luigi Einaudi e Alcide De Gasperi gli avevano fatto incaute promesse, poi non mantenute), nella speranza di ottenere finalmente giustizia, e cioè almeno la rifusione del denaro che aveva speso iniziando fin dal 1944 i suoi esperimenti. Otterrà invece soltanto un distributore di benzina a Malgrate, il paese dov'era nato, mentre si spegnerà a Lecco, a 70 anni soltanto, il 21 maggio 1967. Un recente Dizionario storico illustrato della provincia di Lecco lo ha ricordato soltanto per il batiscafo col quale superò e cancellò la memoria di William Beebe con la sua batisfera. In realtà la vita intera di Pietro Vassena non fu se non una continua ricerca, tanto che è sempre Aronne Anghileri a confidarci che "la moglie Rina una volta confessò che suo marito dormiva con un taccuino penzolante sopra il letto, assicurato ad uno spago, e che quando a volte si svegliava in piena notte, lei invano sperava che fosse per dimostrarle il suo affetto: era soltanto per prendere nota di un'idea". Per stare soltanto alle invenzioni "ultime", se si sfoglia la stampa locale si trova, nel maggio 1939, la notizia di una grande, promettente illusione, brevettata col nome di "autarqas" (siamo in pieno periodo autarchico, aeroplani e biciclette si stanno costruendo in duralluminio). Il nuovo apparecchio di Pietro Vassena è applicabile a qualsiasi tipo di motore a scoppio in luogo del tubo di scappamento. Chiudendo il rubinetto della benzina, s'apre l'apparecchio gasificatore e questo fa funzionare il motore. Una prova eseguita con un'automobile Isotta Fraschini con motore da 85 cavalli ha richiesto un consumo di benzina pari ad una spesa di L. 150 (mentre sarebbe altrimenti costato non meno di L. 1000). L'invenzione gli ha meritato la proposta di un premio di L. 25.000 per l'autarchia motoristica, ma i giornali non dicono che il premio non è mai arrivato .... Dopo la vicenda dei motori a gassogeno, che fu l'unica davvero fortunata nella carriera di Pietro Vassena (i motori venivano montati nel deposito della SAL, durante la guerra, perché tutti gli autobus erano stati requisiti ad eccezione di due, per la Valsassina: e nel territorio non c'era automobile ormai che non funzionasse con l'invenzione del malgratese i cui dipendenti erano aumentati a 120), l'immediato dopoguerra fu dominato dalla questione pure accennata del batiscafo C3. Esso vien presentato e descritto nel novembre 1947, a forma di siluro, con propulsione mediante due motori marini indipendenti, uno a benzina, l'altro elettrico, con autonomia di 35 ore d'immersione e possibilità dichiarata di scendere fino a 600 metri. Ne parlano i giornali italiani, quelli europei, perfino quelli messicani. Il notissimo prof. Augusto Piccard invita Vassena a Sierre, in Svizzera, ma l'incontro è frattanto rinviato, e il professore assicura che verrà lui personalmente a Lecco, per conoscere il nostro inventore. Il quale, intanto, nel gennaio del 1948 si fa chiudere nella batisfera e s'immerge con un amico, nel lago di Olginate; la prima domenica di marzo ad Argegno, utilizzando 425 metri di cavo, scende fino a 415 (ma correggerà poi in 412) metri. Il 3 aprile 1948, dopo gli interventi su altri argomenti di Ugo Bartesaghi, Luigi Colombo e Arnaldo Ruggiero, Vassena rivive le fasi della sua immersione di Argegno al Centro di Cultura (presieduto da don Giovanni Ticozzi). "sbrogliandosi spesso con saporite frasi dialettali e battute umoristiche". Va poi a Sierre, a visitare Piccard. Questi ricambia la visita il 10 maggio del 1948 e, in assenza del sindaco Bartesaghi, viene ricevuto dal vice-sindaco prof. Luigi Colombo oltre che, naturalmente, dall'inventore. Piccard riconoscerà più tardi che le esperienze del lecchese Vassena gli sono state utili. Esposto a Palazzo Reale, a Milano, il C3 arriva a Napoli dopo una breve sosta intermedia a Santa Margherita. Se ne occupa, entusiasta, il prof. Parenzan, della Università partenopea. Ma venerdì 8 ottobre 1948 il batiscafo affonda al largo di Napoli, e vien riportato a galla di lì a qualche giorno, da 125 metri di profondità. Il 16 novembre successivo, alle ore 7,20, dopo 280 immersioni, il batiscafo si inabissa al largo di Capri per una falsa manovra degli addetti al verricello del "Tenace", un mezzo veloce della Marina militare. Vassena, che aveva lavorato per cinque anni alla sua invenzione, ha perduto tutto. Quest'uomo generoso, che mentre si trovava a Napoli era stato avvertito che a Lecco mancavano i fondi per pagare gli operai e aveva quindi messo in piedi un baraccone, per mostrare il C3 a pagamento e raccogliere quindi i denari necessari alle paghe, fu costretto quindi a ricorrere al Tribunale Civile di Roma per convocarVi il Ministero della Marina, essendo risultate vane e senza seguito le autorevoli promesse che aveva ricevuto. Chiedeva il rimborso di quanto aveva materialmente speso per progettare e costruire il C3 e per quanto gli erano costate le immersioni, e cioè 17 milioni. Il Tribunale dichiarò invece la propria incompetenza, condannato Pietro Vassena al rimborso delle spese e al pagamento dei diritti per la bellezza di L.150.000. Per questo l'inventore, titolare di ben 25 brevetti, fu poi costretto a scrivere una istanza al presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, accompagnata da una lettera del prof. Luigi Colombo, che frattanto era diventato sindaco della città di Lecco. Ma non aveva smesso le sue abitudini, e neppure le sue prove di generosità. Così come in tempo di guerra, senza chiedersi da che parte si fosse trovato, era accorso durante il coprifuoco a prestar soccorso ad un giovanissimo ferito in combattimento e lasciato morente per la strada; così come aveva fatto figurare tra i suoi dipendenti nella sua officina, per sottrarlo agli obblighi di leva nella cosidetta Repubblica di Salò, il giovanissimo Luciano Corbetta arruolato tra i partigiani (quel Corbetta che nei giorni della Liberazione si vedrà cadere accanto Alberto Picco), eccolo ora prestare ascolto al richiamo della famiglia Andemars, che chiede di poter ripescare dal fondo del lago di Lugano la salma di una signora annegata a causa del capovolgimento di un motoscafo, un corpo che giace a 260 metri di profondità. E nel 1951 non aveva forse messo a disposizione, col figlio, un gommone per soccorrere gli alluvionati, insieme ai pescatori di Pescarenico, ai volontari della Croce Rossa e al sindaco Bartesaghi, nella gloriosa spedizione lecchese in Polesine? Ma le invenzioni non sono finite: nel 1955 brevetta il velodromo meccanico che consta di due mezze biciclette, per cui azionando i pedali due concorrenti possono gareggiare sui 1000 metri e nell'inseguimento. Nel gennaio 1957 la stampa dà notizia del collaudo di una nuova apparecchiatura che serve alla polverizzazione della creta e di altri refrattari, un collaudo a rischio per il Vassena che riporta fratture al viso e trauma cranico a causa di una svista nello smontare un coperchio quando la pressione dell'apparecchio ancora non è scesa a zero. Pietro Vassena muore a settant'anni, nel 1967, e sembra del tutto dimenticato. Un monumento tombale a Malgrate, un ricordo scultoreo ad Argegno, due importanti articoli di Aronne Anghileri sulla "Gazzetta" ed ora, forse, un altro monumento in un giardino da definire a Lecco, quasi a controbilanciare la via che Malgrate gli ha dedicata. Ora qui non si vogliono aprire discussioni sterili o prendere sterili posizioni: ma par ritornata la vicenda di quando, all'indomani della prima guerra mondiale, Lecco si divideva tra coloro che allo Stoppani volevano dedicare un monumento - come poi si fece - e quanti, Ettore Bartolozzi in testa, gli volevano dedicare un museo. I figli di Pietro Vassena conservano disegni, prototipi, modelli, e ne hanno dato prova scoprendo a Malgrate, il 19 aprile mattino, quello entusiasmante del C3: nella patria lariana delle motociclette, Vassena ha predisposto migliorie per moto di altre case, avendogliele probabilmente rifiutate la Guzzi. Non sarebbe più utile, più interessante, più remunerativo anche, assicurarsi quel patrimonio di invenzioni , di pensiero, di intuizioni per onorare - studiandone l'opera, o quanto meno prendendone atto - un inventore che ha onorato la nostra terra? Passare davanti alla targa di una strada, intitolata ad un personaggio, induce solo qualche volta a chiedersi: "Chi sarà?" Così ci pare che si possa dire anche di un monumento, ormai, e sarebbe davvero da chiedere quanti sanno dov'è a Lecco il monumento allo stesso Stoppani che abbiamo citato, o a Cermenati, o a Ghislanzoni. Ma raccogliere in un capannone industriale lecchese - e ce ne dovrebbe essere più di uno completamente libero, quasi a costituire il primo nucleo del museo del lavoro progettato da anni e mai finora realizzato - quanto ci resta delle invenzioni di Vassena, dagli sci d'acqua ai motori a gassogeno, dal C3 alle apparecchiature per la polverizzazione, sarebbe il modo certo più serio e concreto di onorare la memoria del geniale e sfortunato inventore il cui batiscafo ha costituito, accanto al romanzo manzoniano e a poche altre cose importanti, un motivo di conoscenza di Lecco e del suo lago nel mondo.

Bibliografia

  • Alle invenzioni di Pietro Vassena il pittore Walter Molino ha dedicato un disegno a colori nel n. ° 12 de "La Domenica del Corriere" del 21 marzo 1948.
  • Nel romanzo autobiografico di Nantes Salvalaggio, "Fuga da Venezia", alcune pagine contengono la descrizione della discesa dello scrittore con Vassena nel C3 al largo di Napoli.
  • Su "La Gazzetta dello sport" del 18 marzo 1988, il lecchese Aronne Anghileri ha pubblicato, occupando tutta la ventesima pagina, un importante e documentato articolo: "Vassena, lo sport da inventare", con diverse illustrazioni.
  • Nel 1988, a cura del giornalista lecchese Marco Corti, in occasione d'una eloquente mostra fotografica intitolata "Memorial Pietro Vassena". è stato pubblicato un fascicolo largamente illustrato, col patrocinio della Banca Popolare di Lecco e la stampa della Tipolitografia Alfredo Colombo, dal titolo “Quarant'anni dopo. Il record di profondità del sommergibile C3, 1948-1988”. La mostra si è svolta a Palazzo Agudio, sede del Comune di Malgrate, dal 19 al 27 marzo 1988.
  • Il n° 7 di "Storia illustrata" del luglio 1996 ha dedicato un articolo a Pietro Vassena, mentre Aronne Anghileri - come già accennato nel testo - è ritornato sull'argomento nella "Gazzetta dello sport", pag. 27, il 23 aprile 1997.
  • La tipografia Arte Grafica Valsecchi di Malgrate, senza data, ha pubblicato in quattro grandi pagine - vivo ancora Pietro Vassena - una documentazione fotografica relativa a tutte le principali invenzioni del malgratese, dalla quale è stata tratta ampia parte della documentazione fotografica che illustra il presente contributo.
Questa bibliografia non ha la pretesa di completezza e vuol soltanto costituire un primo, sommario contributo ai fini di una più ampia documentazione.
Vassena con il Presidente della Repubblica L. Einaudi. Vassena con il Presidente della Repubblica L. Einaudi Gli sci d'acqua inventati da Vassena per passeggiare sul lago. Gli sci d'acqua inventati da Vassena per passeggiare sul lago Il batiscafo C3 di vassena in una immersione nelle acqua del lago di Lecco. Il batiscafo C3 di vassena in una immersione nelle acqua del lago di Lecco Vassena con lo scienziato Piccard e il Prof. Colombo. Vassena con lo scienziato Piccard e il Prof. Colombo Moto K2 senza catena di trasmissione. Moto K2 senza catena di trasmissione Trattore con motore a gassogeno. Trattore con motore a gassogeno